Nicola Pietrangeli, chi era il signore del tennis nemesi di Sinner

Nato a Tunisi nel 1933, Nick è stato il primo italiano a vincere un titolo del Grande Slam, il dominatore assoluto dei tornei su terra rossa nei suoi anni e il simbolo dello sport italiano di successo. Ecco il percorso di Nicola Pietrangeli e i recenti confronti con Jannik Sinner.

Dal caldo di Tunisi al mito della Parigi in rosso

Quella di Nicola Pietrangeli non è una storia come tutte le altre. Nato a Tunisi in una famiglia di giramondo, la madre è una profuga russo-danese, il padre un imprenditore italiano che gira per la capitale africana con un auto sportiva americana, l’unica della città.

A Tunisi c’era arrivato il nonno di Nicola, tanti anni prima, quando aveva deciso che da L’Aquila valeva la pena partire e si era allora inventato costruttore in una grande città del Maghreb che stava crescendo a a vista doppio con l’avvio dell’industrializzazione massiccia del primo Novecento.

Nicola Pietrangeli

Pietrangeli, una carriera tra record e polemiche

In Tunisia i Pietrangeli stanno bene. Sono ricchi, hanno una bella casa. Poi però arriva la guerra, la seconda guerra mondiale per la precisione, e i francesi decidono che tutti quelli che hanno un po’ di soldi vanno messi in campo di concentramento. È a Gammarth, 300 chilometri da Tunisi, dove viene trasferita la famiglia Pietrangeli, che Nicola comincia a giocare.

Con il padre, nel campo da tennis del comprensorio, vince persino un torneo di doppio, prima di venire espulsi dal paese ed essere imbarcati su una nave in direzione Marsiglia. In bus fino a Ventimiglia, poi la discesa in treno fino a Roma e l’inizio di una nuova vita per un Nicola che i nuovi amici romani chiamano “Er Francia”, perché l’italiano, ancora, non lo parla.

Il padre, Giulio, si dà subito da fare. Diventa rappresentante Lacoste e in un anno vende 280 magliette a 2800 mila lire l’una. Sono tanti soldi. Nicola, intanto, comincia a giocare nelle giovanili della Lazio ma smette alle porte del professionismo, quando lo mandano a giocare a Viterbo, dove lui non ha proprio voglia di andare.

È così he il suo percorso nel calcio dura poco. Pietrangeli, infatti, è un fenomeno sì, pero della racchetta e lo si capisce presto, sin da quando comincia a tirare i primi colpi, nella sorpresa generale di chi questo ragazzino sedicenne non lo aveva mai visto prima, al Circolo Tennis Parioli di Roma, dove peraltro il custode è un signore che si chiama Ascenzio Panatta: il padre del mitico Adriano, che all’epoca non è nemmeno ancora nato.

Ci mette poco Pietrangeli a entrare nel tennis che conta. Già a 18 anni è pronto per esordire agli Internazionali d’Italia a Roma, seppure perdendo al primo turno. L’anno dopo arriva in finale a Montecarlo, e poi fa il suo esordio al Rolandf Garros, dove comincia a mettere in mostra il suo gioco elegantissimo, fatto di rovesci in back disegnati, di smorzate impossibili da prevedere.

A Nicola Pietrangeli non piace tanto allenarsi, fosse per lui giocherebbe e basta, il suo è un talento di pulizia e anarchismo, che esplode definitivamente nella seconda metà degli Cinquanta, quando vince due volte il Roland Garros, sul terreno a lui più congeniale, quella terra rossa che accompagna il suo gioco di ragionamento, di palle curve, di pazienza stremante, di resistenza indomita.

In un tempo nel quale le classifiche ATP non esistevano, viene considerato uno dei migliori tennisti al mondo nei ranking compilato da giornalisti del tempo, dietro solo a giocatori mitici come Laver ed Emerson. È così che viene scritta la storia, indelebile, di un’icona.

Pietrangeli e il confronto con Sinner

Certo, non si può dire che Pietrangeli, in vita, fosse noto per la sua simpatia. Famose sono le continue polemiche a distanza con Adriano Panatta, così come il clima di grande tensione nella squadra con cui, da capitano non giocatore, conquistò una Coppa Davis divenuta mitica col tempo, quella conquistata in Cile all’epoca del regime di Pinochet.

Negli ultimi anni spesso i media hanno marciato sulla vanità di Pietrangeli, estorcendogli dichiarazioni un po’ spocchiose nei confronti della nouvelle vague del tennis italiano, e soprattutto nei confronti di Jannik Sinner, sempre presentatogli dai giornalisti come il tennista che lo avrebbe (che lo ha già) spodestato del titolo di miglior tennista italiano di sempre.

In realtà quella di Pietrangeli, che resta uno dei più grandi sportivi italiani della storia, è stata sempre, più che altro, un’ingenua e comprensibile voglia di sottolineare successi che, essendo stati conquistati in un tempo lontano, aveva forse la sensazione fosse un po’ dimenticati.

Nella realtà delle cose il confronto fra Jannik Sinner e Nicola Pietrangeli, mettendo in contrapposizione le carriere dei due tennisti all’età di 24 anni, è decisamente sbilanciato dalla parte dell’alto-atesino, pur con tutti i doverosi distinguo legati a due epoche così lontane e distanti, per tempo e tecniche, da far sembrare il tennis di allora e il tennis di oggi due discipline fra loro completamente diverse.

Pietrangeli a 24 anni, nel 1957, si stava cominciando a imporre come uno dei talenti più interessanti del tennis mondiale. Nel maggio 1957 vinse gli Internazionali d’Italia, battendo in finale Giuseppe Merlo con il punteggio di 8-6, 6-2, 6-4. Faceva poi parte della nazionale per la Coppa Davis, cominciava a farsi vedere nei tornei dello Slam, che avrebbe poi vinto nel ’59 e nel ’60, al Roland Garros.

Non era ancora un tennista pienamente affermato, la consacrazione sarebbe arrivata poco dopo, e allora potremmo forse dire che, a 24 anni, nel 1957, Pietrangeli era un talento in costruzione, un giocatore in rampa di lancio di cui si cominciava a parlare, e molto, nel circuito.

Dall’altra parte Sinner, a 24 anni, è già un fenomeno globale, con guadagni record nel 2025, un ragazzo che non solo sta ridefinendo la storia dello sport italiano, ma che sta anche lasciando un’impronta molto forte nei libri del tennis, che ha già vinto Australian Open, per due volte consecutive, Wimbledon e US Open, oltre a una finale al Roland Garros e ad altri 20 titoli major.

Senza dimenticare le 66 settimane da numero 1, che già adesso lo posizionano al numero 12 nel ranking all time dei tennisti più a lungo al top della classifica ATP. Certo, è giusto sottolineare, ancora una volta, come, Pietrangeli, che in un’epoca difficile quale il dopoguerra, con una racchetta di legno, palle lentissime e un calendario decisamente meno ingombrante, aveva trascinato tutto un paese nell’entusiasmo di un grande successo sportivo come quello del Roland Garros.

Mauro Mondello: redattore di sitiscommesse.com
Mauro Mondello

Le analisi sportive di Mauro Mondello sono plasmate da un’esperienza giornalistica di livello internazionale (The Guardian, La Repubblica, L’Ultimo Uomo) e dal prestigio di un passato come Yale World Fellow. Porta questa prospettiva unica nel suo ruolo di voce autorevole di Talkbet&Risposta e offre pezzi di approfondimento che coniugano dati, storie e spessore.

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