Le esperienze di Gennaro Gattuso in panchina
Nominato alla guida della nazionale azzurra fra la sorpresa di molti, Gattuso non è considerato un mister di prima fascia. Nel suo percorso da tecnico, burrascoso e imperfetto, c’è un po’di tutto: ripercorriamolo.
Ringhio…senza perdere la tenerezza
Quando la FIGC ha annunciato ufficialmente, lo scorso 15 giugno, che il nuovo allenatore della nazionale maschile di calcio italiana sarebbe stato Gennaro Gattuso, in molti hanno storto il naso. La scelta campione del mondo di Germania 2006 per rilevare Luciano Spalletti dopo il suo fallimentare ciclo biennale, non è infatti sembrata la migliore possibile.
Di fatto, la realtà è che di allenatori disponibili sulla piazza non ce n’era praticamente più e allora, una volta ricevuto il gran rifiuto di Claudio Ranieri, che ha scelto di mantenere la parola data alla sua Roma e ai Friedkin, la rosa dei candidati si è ristretta moltissimo, sino a convergere sul nome proposto da Gianluigi Buffon, capo delegazione azzurro: Gennaro Gattuso.
In pratica, in assenza di un nome top, si è andata a cercare la mistica dei campioni del mondo del 2006, rappresentata perfettamente da un simbolo di quella squadra, incarnazione unica del “sudare la maglia”, stereotipo trito e abusato su cui la federazione, in un momento di grande confusione, ha deciso di andare con un all-in da far tremare i polsi.
I chili di retorica che hanno seguito la scelta nazionalpopolare del più mitico fra gli operai della maglia azzurra hanno però avuto, come diretta conseguenza, un disinteresse quasi assoluto per il valore di Gattuso come tecnico. Tutti parlano del quarantasettenne allenatore di Corigliano Calabro, ma pochi conoscono nel dettaglio la sua traiettoria come tecnico, né il suo stile di gioco. Eppure, Gattuso di strada ne ha fatta, con peculiarità molto nette lungo tutto il suo percorso professionale, ma anche una certa capacità di trasformarsi e adattare le sue competenze al contesto.
Di certo, è uno che (come in campo d’altronde) non ha mai lesinato energia, e che con sprezzo del pericolo più volte si è lanciato in situazioni a dir poco burrascose. La sua carriera di tecnico, già dagli inizi, segue tracciati decisamente tempestosi.
Gattuso, infatti, comincia al Sion, in Svizzera, dove viene catapultato in panchina, mentre è ancora tesserato come centrocampista, dal vulcanico presidente Constantin, che lo esonera però dopo appena pochi mesi. Cosa decide allora di fare Gattuso? Semplice, se ne va a Palermo, dal presidente mangia-allenatori forse più famoso del calcio italiano: il mitico e compianto Maurizio Zamparini.
Ma Ringhio dura poco, inevitabilmente, a Palermo. Otto partite per essere precisi: tre vittorie, un pareggio e quattro sconfitte dopo le quali Zamparini lo solleva dall’incarico, con Gattuso che se ne va dandogli dell’incompetente.
Per non smentirsi, ancora una volta, Gattuso da Palermo vola a Creta, precisamente all’Omilos Filathlōn Īrakleiou, l’OFI, dove trova una situazione esplosiva. Il club è sommerso dai debiti, la società latita, i calciatori chiedono a lui di interessarsi per il pagamento degli stipendi.
Gattuso ci mette la faccia, si rende protagonista di una conferenza stampa poi divenuta storica e ancora oggi molto nota sui social, si dimette una prima volta, torna per acclamazione dei tifosi ma poi, dopo cinque mesi di passione, decide di abbandonare definitivamente: l’OFI Creta, di lì a poco, fallirà.
Il rientro in Italia di Gattuso, più amarezze che successi
Che piaccia o meno, come uomo e come allenatore, di certo nessuno potrà mai accusare Gennaro Gattuso di avere poco coraggio. Dopo la difficile esperienza in Sicilia, infatti, Rino prima resta fermo per un anno e quindi accetta l’offerta del Pisa, in Lega Pro, portandolo in B, dalla Lega Pro, nonostante numerosi problemi societari.
Anche in questo caso l’esperienza si interrompe in maniera caotica, fra stipendi non pagati, dichiarazioni di fuoco ai giornalisti, un clima sportivo difficilissimo e il ritorno in Lega Pro al termine di una stagione semplicemente fuori da ogni logica.
È così che Gattuso decide di ricominciare praticamente da zero, e diventa allora naturale farlo ritornando a casa, al Milan, che lo nomina allenatore della Primavera nell’estate del 2017. Sembra chiara, da subito, l’intenzione della società rossonera di tenerlo d’occhio nella prospettiva eventuale di promuoverlo alla guida della prima squadra.
L’occasione, però, arriva molto prima del previsto: a fine novembre 2017, pochi mesi dopo essersi seduto sulla panchina della squadra giovanile del Milan, Vincenzo Montella, alla guida della prima squadra, viene sollevato dall’incarico e il suo posto viene affidato proprio a Gattuso.
Sembra una storia perfetta, Rino chiude la sua prima stagione al sesto posto, con un girone di ritorno di ottimo livello. L’anno successivo, però, nonostante un campionato tutto sommato positivo, la squadra non si qualifica per la Champions, chiudendo quarta, e la dirigenza decide di esonerarlo.
È l’ennesima delusione per Gattuso, che però ha una chance importante alcuni mesi dopo, quando si siede al posto del suo maestro, Carlo Ancelotti, sulla panchina del Napoli. Il copione si ripete molto simile rispetto a quanto accaduto dal Milan.
Una prima stagione di buon livello, con la vittoria dell’unico trofeo da allenatore di Gattuso, la Coppa Italia, e poi una seconda stagione ondivaga, chiusa di nuovo con un quinto posto, fuori dalla Champions, e con conseguente esonero da parte di De Laurentiis.
Di fatto, Milan e Napoli restano le uniche due esperienze lineari, e in contesti tutto sommati sereni, per Gattuso, che da lì in avanti torna a lanciarsi in avventure sempre più complicate. Dalla lite con Commisso che lo caccia dalla panchina della Fiorentina prima ancora di cominciare il campionato, all’esperienza 2022/2023 con un Valencia in totale crisi societaria, che lo caccia a metà stagione con la squadra in zona retrocessione.
Ancora, Gattuso viene esonerato nel febbraio del 2024 dall’Olympique Marsiglia, dopo sei mesi di pura guerra contro tutto e tutti e infine, nella sua ultima esperienza pre-nazionale, se ne va in Croazia, all’Hajduk Spalato, dove prima litiga (mandandolo via) con il totem e miglior giocatore della squadra, Perisic.
Quindi chiude al terzo posto una stagione che, sulla carta, lo aveva visto partire per la conquista del titolo. Senza dubbio, la carriera di Gennaro Gattuso come allenatore, sino ad ora, è stata insomma caratterizzata da molto disordine e da un costante subbuglio dei contesti nei quali si è trovato. Si spera, e se lo augurano tutti i tifosi azzurri, che questa foga sia ciò di cui ha bisogno un’Italia in totale crisi di identità e risultati.
Le analisi sportive di Mauro Mondello sono plasmate da un’esperienza giornalistica di livello internazionale (The Guardian, La Repubblica, L’Ultimo Uomo) e dal prestigio di un passato come Yale World Fellow. Porta questa prospettiva unica nel suo ruolo di voce autorevole di Talkbet&Risposta e offre pezzi di approfondimento che coniugano dati, storie e spessore.