Il caso Oscar Pistorius: la fine di un campione

L’ex velocista sudafricano, in prigione da nove anni per l’omicidio della compagna, sarà rilasciato fra qualche settimana in libertà condizionale. Non si saprà mai se, ormai oltre dieci anni fa, Oscar Pistorius sapeva di stare sparando alla sua ragazza.

Lo chiamavano Blade Runner

La notte del 14 febbraio 2013 Oscar Pistorius, l’uomo che aveva stupito e commosso il mondo combattendo, da amputato bilaterale con protesi in fibra di carbonio, la sua battaglia per competere con atleti normododati, uccide la compagna Reeva Steenkamp con quattro colpi di pistola. Dichiara di averla scambiata per un ladro d’appartamento, di aver sparato preso dal panico, di non avere avuto idea che la persona che aveva sentito muoversi nel bagno, chiusa a chiave, fosse la sua ragazza.

Sono passati più di dieci anni da quando Pistorius premette il grilletto per quattro volte della sua pistola da 9 mm, colpendo alla testa e al corpo la fidanzata, ma la domanda continua a essere la stessa: Blade Runner, the fastest man on no legs, Tink Tink, citando alcuni dei suoi soprannomi più noti, sapeva oppure no che dietro quella porta, nel giorno di San Valentino del 2013, c’era Reeva Steenkamp?

Velocista paralimpico

Il caso Oscar Pistorius

Pistorius ha sempre affermato di no, ma la famiglia di Steenkamp non ci ha mai creduto. I genitori della ragazza sono sempre rimasti convinti che l’ex velocista sapesse perfettamente cosa stava facendo, che avesse intenzione di sparare alla modella, all’epoca ventinovenne, una laurea in legge, dopo una lite notturna. Di certo, c’è che solo Oscar Pistorius sa con precisione cosa successe quella notte, e probabilmente quel segreto rimarrà per sempre dentro di lui.

Pistorius inizialmente non fu ritenuto colpevole di omicidio, ma fu invece condannato a cinque anni, nel 2014, per omicidio colposo, con la possibilità di scontare la pena ai domiciliari. Nel 2015 la condanna venne però annullata, quando la Corte suprema d’appello del Sud Africa lo dichiarò colpevole di omicidio, infliggendogli prima sei anni di carcere e poi, nel 2017, portando la condanna, in via definitiva, a 13 anni. La corte nel verdetto scrisse che i giudici erano stati “evidentemente troppo indulgenti” nella prima sentenza.

L’uomo che ha scioccato e incantato milioni di persone e soprattutto la brutta storia legata alla morte di Steenkamp, sono tornati sotto i riflettori qualche settimana fa, quando gli è stata concessa la libertà condizionale dalla commissione sudafricana per i casi di omicidio, una libertà che potrà cominciare ad assaporare dal 4 gennaio 2023.

Pistorius sarà costantemente monitorato dai funzionari per la libertà condizionale fino alla fine della sua condanna a 13 anni e cinque mesi, che vede il fine pena fissato a dicembre 2029. Blade Runner, che ha da poco compiuto 37 anni, avrà scontato poco meno di nove anni di prigione quando verrà rilasciato.

June, la madre di Reeva Steenkamp, ha deciso di non opporsi alla libertà condizionale di Pistorius, nonostante abbia ribadito di non credere alla riabilitazione dell’ex atleta paralimpico. Anche per questo la signora Steenkamp ha deciso di non partecipare direttamente all’udienza, tenutasi nella prigione di Atteridgeville, appena fuori dalla capitale Pretoria, che ha sancito il verdetto di libertà per Pistorius:”semplicemente non ho le energie per affrontare di nuovo Pistorius”. Il padre di Reeva Steenkamp, Barry, è invece morto lo scorso settembre.

Tutti i dubbi sulla notte in cui Pistorius uccise Steenkamp

Nel resoconto del processo la Corte Suprema ha stabilito che le versioni rilasciate da Oscar Pistorius in relazione a quanto accadde la notte del 14 febbraio 2014 “variavano sostanzialmente” nel corso dei diversi interrogatori e che il ragazzo aveva “sparato senza avere un timore razionale o reale che la sua vita fosse in pericolo”.

June Steenkamp in una dichiarazione letta di fronte alla commissione che ha deciso di rilasciare Pistorius in libertà condizionale , ha dichiarato di non credere alla versione di Oscar secondo cui pensava che la persona nel bagno fosse un ladro. A maggior ragione visto che i vicini hanno sentito urlare la figlia.

Steenkamp ha inoltre ribadito che dubita che Pistorius possa essere considerato come riabilitato perché la riabilitazione richiede che qualcuno si impegni onestamente a condividere la piena verità del suo crimine e ad accettarne le conseguenze, un impegno che, a suo giudizio, Pistorius non si è mai preso.

La dichiarazione non è stata letta da June Steenkamp, che come precisato poco sopra ha preferito non prendere parte all’udienza, ma da Rob Matthews, un uomo sudafricano la cui figlia fu uccisa nel 2004, diventato dopo l’omicidio di Reeva, amico di famiglia degli Steenkamp. Matthews ha fatto notare, di fronte alla Corte, come la libertà condizionale di Pistorius sia stata concessa un giorno prima della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

L’avvocato della famiglia Steenkamp, Tania Koen, ha sintetizzato in un concetto molto preciso i sentimenti della famiglia in relazione al possibile rilascio di Pistorius, chiarendo che nessuna pena detentiva avrebbe mai fatto alcuna differenza per gli Steenkamp.

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