Fontecchio, Gallinari e tutti gli altri italiani in NBA

In principio fu il mitico Dino Meneghin, selezionato al draft nel 1970 dagli Atlanta Hawks, ma che non riuscì mai a esordire. Da lì in poi tanti italiani hanno provato la fortuna in NBA: scopriamone le storie più significative.

Gli italiani in NBA: i pionieri

Diciamoci la verità: i giocatori italiani in NBA non hanno mai fatto davvero la differenza, a parte sporadiche e momentanee eccezioni. In generale, a guardar bene, non sono poi nemmeno tantissimi gli atleti che dall’Italia hanno provato il grande salto nel mitico campionato di basket USA: undici in totale, contando anche gli italo-americani Mike D’Antoni e Paolo Banchero.

A loro si aggiungono quattro giocatori selezionati al draft, ma che di fatto in NBA non hanno mai esordito: il mitico Dino Meneghin e poi Gus Binelli, Riccardo Morandotti, Alessandro Gentile. Ci sono poi i due ragazzini classe 2002 e 2003, Gabriele Procida e Matteo Spagnolo, scelti al draft 2022 rispettivamente dai Detroit Pistons e dai Minnesota Timberwolves, ma andati poi all’Alba Berlino: per loro, magari, le porte del campionato NBA si apriranno più avanti.

Giocatore di basket in azione, logo NBA e bandiera italiana

Fontecchio e gli altri italiani in NBA

Il primo giocatore in italiano in NBA, secondo gli annali, è stato Mike D’Antoni. La sua, però, fu una carriera al contrario. Il Baffo infatti nasce in West Virginia da padre italiano, compie un percorso cestistico rispettabile negli Stati Uniti, con quattro stagioni fra Kansas City, Saint Louis e San Antonio, e poi vola in Europa, a 26 anni, precisamente a Milano, dove giocherà con l’Olimpia dal 1977 al 1990, diventandone una bandiera. D’Antoni, in NBA, rientrerà poi da coach, e non un coach qualunque. Vincitore dell’NBA Coach of the Year nel 2005 e nel 2017, è considerato uno dei tattici offensivi più influenti nella storia del basket.

Dopo il grande Mike, bisognerà aspettare venti lunghi anni per vedere i primi giocatori di formazione sportiva italiana calcare il palcoscenico del mondo della pallacanestro a stelle e strisce. Nella stagione 1995-1996 sono Vincenzino Esposito e Stefano Rusconi a volare verso Toronto Raptors e Phoenix Suns. Statistiche fredde a parte, da sempre sono proprio loro due ad essere considerati i primi due italiani di sempre ad aver tentato l’avventura cestistica NBA. Un’avventura che, a dire il vero, non va benissimo.

Esposito chiuderà la sua stagione in Canada con 30 presenze, 282 minuti e 116 punti, prima di rientrare a Pesaro. Ancora peggio andrà a Rusconi, che per tutta la sua permanenza in Arizona lamenterà una grande nostalgia e che nel suo anno NBA riuscirà a mettere insieme appena 30 minuti di gioco, con 8 punti. Farà così rientro, già nel 1996, a Treviso, prima di chiudere la carriera a Milano.

Bargnani, Belinelli, Gallinari: gli italiani in NBA che hanno lasciato il segno

Il giocatore che cambia davvero la storia degli italiani in NBA si chiama Andrea Bargnani. Il ragazzo di Roma, soprannominato Il Mago, viene addirittura selezionato dai Toronto Raptors come prima scelta assoluta al draft del 2006, ad appena 21 anni. Da lui ci si aspettano cose enormi, è considerato uno dei talenti più limpidi nella storia del basket europeo eppure, nonostante un’onestissima carriera, durata ben dieci anni, in NBA non riuscirà mai a sfondare del tutto, rimanendo, secondo l’opinione diffusa di tecnici ed esperti, una grande incompiuta. Restano, ad ogni modo, i campionati disputati fra Toronto, New York e Brooklyn, con 550 presenze, quasi 8000 punti e tantissime giocate che continuano a farci pensare a quanto di più Bargnani avrebbe potuto dare al basket.

Marco Belinelli, arrivato in NBA l’anno successivo, nel 2017, scelto al draft con il numero 18 dai Golden State Warriors, ha avuto invece un percorso più accidentato, ma anche più prestigioso, nel campionato di basket statunitense. I primi due anni a San Francisco non sono eccezionali, ma Belinelli, con 75 partite, 467 punti e percentuali da tre che si avvicinano al 40%, dimostra che in NBA ci può stare. Nel 2009 passa a Toronto, poi fa due stagioni, molto positive ma in un contesto disastrato, a New Orleans, quindi Chicago, prima dell’approdo nel team che gli cambierà la carriera: i San Antonio Spurs.

Il maestro Gregg Popovich lo utilizza in maniera chirurgica e Belinelli, con le sue bombe da tre (chiuderà la stagione con il 43% di media e vincerà anche la gara dedicata al tiro da tre agli All Star Game), avrà un ruolo decisivo nella vittoria degli Spurs del campionato. Belinelli, ancora oggi, resta così l’unico giocatore della storia del basket italiano ad aver vinto l’anello, in una carriera oltreoceano che è durata fino al 2020 e che ha incluso, oltre alle squadre già menzionate, anche Sacramento Kings, Charlotte Hornets, Atlanta Hawks, Philadelphia 76ers. Senza dimenticare che, a 37 anni, Belinelli, rientrato in Italia, è ancora uno dei giocatori più importanti della Virtus Bologna.

È ancora in NBA, alla sua quindicesima stagione, Danilo Gallinari, forse il giocatore italiano più talentuoso di sempre. Anche lui, come Bargnani, nonostante un percorso negli Stati Uniti di tutto rispetto, con 728 presenze fra New York, Denver, Clippers, Atlanta, Oklahoma, Boston e, nella stagione in corso, Washington, ha dato sempre l’impressione di non aver mai raggiunto il picco di prestazioni che ci si sarebbe aspettati a partire dal suo talento, forse anche a causa dei tanti, pesanti, infortuni.

Merita una citazione il grande Gigi Datome, che in NBA ci è passato dal 2013 al 2015, collezionando meno di quello che avrebbe meritato: 55 presenze fra Detroit e Boston. Anche Niccolò Melli, oggi all’Olimpia Milano, ha giocato negli Stati Uniti, fra il 2019 e il 2021. Due anni importanti, fra New Orleans e Dallas, con 105 partite e la sensazione di preferire la pallacanestro europea. Infine, Simone Fontecchio. Il ragazzo di Pescara, 28 anni, è oggi l’unico italiano in NBA. Dopo una stagione 2022-2023, a Utah, da 52 partite e 14 minuti di media, è partito quest’anno con un minutaggio leggermente più basso, in un contesto difficile: gli Utah Jazz, dopo nove partite, sono penultimi nella Western Conference.

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