Tassazione sul gioco: operatori britannici sul piede di guerra
L’industria britannica del gioco d’azzardo sta vivendo un momento di particolare tensione: il Governo ha proposto di adottare una tassazione unica sul gioco, che gli operatori però ritengono una pessima idea che potrebbe avere conseguenze negative sul settore.
UK: BGC contro il governo per le tasse sul gioco

Il Betting and Gaming Council contro il governo britannico
In Gran Bretagna tira un’aria pesante, tra il Governo di Sua Maestà e gli operatori del gioco, a causa di una proposta di modifica alla tassazione che non trova affatto d’accordo il settore. Nello specifico, l’HM Revenue and Customs ha proposto di introdurre una categoria fiscale unica, la Remote Betting and Gaming Duty, che sostituisca le tre aliquote attualmente in vigore.
Le imposte che la nuova categoria di prelievo andrebbe a cancellare sono Remote Gaming Duty, General Betting Duty e Pool Betting Duty. La nuova aliquota manterrebbe inoltre il modello attuale, adottato nel 2014, ovvero il principio del luogo di consumo. In base a tale principio, si applicano imposte non in base alla sede legale dell’operatore, ma alla residenza del cliente.
La tassazione attuale prevede un prelievo del 21% sui profitti lordi per il gioco online, che diventa del 15% per le scommesse (sia a totalizzatore che a quota fissa), mentre lo spread betting è al 10%. Il Betting and Gaming Council, gruppo che rappresenta operatori che contribuiscono per quasi 7 miliardi di sterline all’economia britannica, occupando quasi 110mila persone, non è affatto d’accordo con la proposta.
Le prospettive in UK e il confronto con l’Italia
Il rischio che paventano i rappresentanti del BGC è che un aumento della tassazione (che deriverebbe dall’accorpamento in una imposta unica) possa spingere gli appassionati inglesi verso il gioco illegale. Lo confermerebbe anche un sondaggio, commissionato dalla stessa BGC a YouGov, in cui il 65% degli intervistati ritiene possibile un boom dei siti non autorizzati, mentre il 23% lo ritiene improbabile.
Si tratta di problemi delicati, che rischiano di minare l’industria di riferimento nel mondo per il gioco d’azzardo. E sono problemi che in Italia conosciamo bene. A tal proposito è interessante considerare quanto si paga in Italia: da noi vige una imposta unica sulle scommesse, sportive e non sportive, del 20% per quanto riguarda la raccolta fisica e del 24% per la raccolta online.
L’imposta si intende sul profitto lordo, ovvero la differenza tra somme giocate e vincite corrisposte, ma è stata aumentata proprio lo scorso anno. Fino ad allora, infatti, l’imposta unica era del 18% per la rete fisica e del 22% per il gioco a distanza, ma anni di polemiche e di proposte demagogiche, arrivate per lo più da persone che ignorano le dinamiche specifiche del settore, hanno prodotto questa sorta di compromesso.