Storia del Gran Premio di Monza: tra vittorie e tragedie
Il rombo dei motori, il boato dei tifosi Ferrari, la velocità pazzesca che non lascia margini d’errore. Il Gran Premio d’Italia non è solo una gara di Formula 1, ma un rito collettivo. Scopriamone storia e segreti.
GP di Monza, alle origini della leggenda
1922: è questo l’anno di nascita di uno dei circuiti storici della F1, un progetto completato in poco più di cento giorni e che diede vita al terzo circuito permanente al mondo, dentro a una straordinaria area verde immersa in una delle grandi realtà industriali italiane: Monza, a due passi da Milano.
Intorno all’autodromo di Monza si è sempre respirata un’aria diversa, l’aria della velocità pura, la stessa che sentiva addosso, probabilmente, il mitico Pietro Bordino, uno dei più grandi piloti italiani anni Venti, che vinse al volante di una Fiat 804.
Da quel momento in avanti, la storia del Gran Premio di Monza si arricchisce, anno dopo anno, di momenti che da un lato contribuiscono in maniera determinante allo spettacolo dell’automobilismo inteso come rischio folle di piloti fuori di testa, dall’altro presenta però un conto molto salato in quanto a incidenti.
Audacia e sangue, mito e tragedia, vanno a braccetto. Nel 1928, al diciassettesimo giro del Gran Premio, mentre tenta un sorpasso ai danni del collega Giulio Foresti, il pilota Emilio Materassi perde il controllo della sua Talbot Darracq 700 e va a sbattere a oltre 200 chilometri orari contro un muretto.
Muoiono 22 spettatori, ne rimangono feriti altri 40 e lo stesso Materassi, sbalzato fuori dall’abitacolo durante l’impatto, si accascia a terra poco dopo essere riuscito a liberarsi dalle lamiera dell’auto: morirà poche ore dopo. Si tratta, ancora oggi, di uno degli incidenti più gravi di sempre nel mondo dell’automobilismo sportivo.
A questo tremendo incidente segue la guerra, che prende di mira il circuito, devastandolo, e rimandando di fatto qualsiasi altra gara al 1950, quando nasce il Mondiale di Formula 1 e Monza, ovviamente, viene subito inserita fra i tracciati del tour.
Ma la storia del Gran Premio di Monza, come scritto poco sopra, è un continuo saliscendi di emozioni fortissime e tristezze tremende, di drammi incancellabili ed eccezionali momenti di sport. Uno di questi è datato 1971, quando l’inglese Peter Gethin, al volante di una McLaren, fa la storia.
Oltre a stabilire il record per la velocità media più alta di sempre durante una corsa automobilistica, raggiungendo i 242.615 chilometri orari (record che resisterà fino al 2003, quando verrà battuto da Michael Schumacher, sempre a Monza), Gethin infatti porterà a casa la vittoria più risicata di sempre, battendo in un finale pazzesco lo svedese Ronnie Peterson, rimasto dietro di appena 0,01 secondi.
Scorrendo gli annali del circuito ci ritroviamo poi negli anni Ottanta, dei quali resta impressa, soprattutto, la mitica gara del 1988. Enzo Ferrari è morto da meno di un mese, in qualifica le due rosse di Berger e Alboreto, che in campionato arrancano, si posizionano al terzo e quarto posto: sembra un weekend destinato a chiudersi con il Cavallino Rosso ancora una volta fuori dal podio.
In gara però succede l’impossibile. Ayrton Senna, che sta dominando la stagione, e Alain Prost, che lo tallona in classifica, vanno spediti verso primo e secondo posto, con le due Ferrari dietro a rincorrere. Poi, quando mancano pochi giri alla fine del Gran Premio, cambia tutto di colpo.
Prima Prost rompe il motore ed è costretto il ritiro, quindi Senna, durante un doppiaggio, va a sbattere contro l’auto Schlesser e chiude la sua corsa nella ghiaia. Le Ferrari arrivano alla bandiera a scacchi prima e seconda, Berger dirà dopo “lassù qualcuno ci ama” e il GP di Monza, durante la cerimonia di premiazione, si trasforma in un atto collettivo di commozione: ancora oggi fa venire i brividi a pensarci.
Monza, velocità e tifo
Per capire davvero cosa rappresenti Monza, basta nominarne le curve: Prima Variante, Roggia, Lesmo, Ascari, Parabolica. Ogni appassionato le conosce a memoria, come fossero passaggi di una liturgia. Qui le monoposto raggiungono le velocità massime dell’intero mondiale, oltre 350 km/h, ed è questo che ha reso il circuito famoso, unanimemente considerato il più veloce del pianeta.
E poi ci sono i tifosi, le migliaia di appassionati che ogni anno, quando il weekend di Monza si avvicina, gremiscono le curve trasformando il Gran Premio di Monza in una sorta di grande festa popolare, un’emozione unica per qualsiasi addetto ai lavori.
Vincere a Monza, lo sanno bene Leclerc, Senna, Hamilton, Schumacher, è diverso. L’emozione di salire sul gradino più alto del podio mentre la folla urla il tuo nome, mentre il circuito si riempie di persone, provoca un sentimento di amore puro per l’automobilismo. E in questo senso, vincere con una Ferrari, a Monza, è una delle cose più romantiche che possono ancora oggi succedere nello sport.
Tutto questo per dire che il Gran Premio di Monza, che la sua storia, è in qualche modo un concentrato di cultura sportiva e persino sociale italiana. Qualcosa che va ben oltre la Formula 1 e l’automobilismo, e che nel tempo si è radicato, con forza, nell’universo simbolico del paese.
Le analisi sportive di Mauro Mondello sono plasmate da un’esperienza giornalistica di livello internazionale (The Guardian, La Repubblica, L’Ultimo Uomo) e dal prestigio di un passato come Yale World Fellow. Porta questa prospettiva unica nel suo ruolo di voce autorevole di Talkbet&Risposta e offre pezzi di approfondimento che coniugano dati, storie e spessore.