Le più grandi rivalità nella storia dello sport

Gli sport individuali, spesso, regalano contrapposizioni leggendarie, duelli che durano intere carriere e che finiscono per regalare un lascito perpetuo. Ecco alcuni degli antagonismi più straordinari di sempre.

Rivalità sportive dentro e fuori dal campo

Alcuni sportivi, alcune sportive, hanno la fortuna, che a volte può anche essere letta come tormento, di legare il proprio nome non soltanto ai successi della loro carriera, ma anche a quello di un altro, di un’altra, “collega”. La genesi di una rivalità sportiva, infatti, risiede nell’eccellenza contemporanea di due grandi atleti, che decidono di non arrendersi alla supremazia dell’avversario.

Spesso, nella storia dello sport, questo genere di antagonismi è andato ben oltre il “terreno di gioco”, spostandosi anche alla vita privata, assumendo una dimensione pubblica a 360 gradi, nella quale comportamenti, abitudini, preferenze, sono state vivisezionate dai mezzi di comunicazione.

Rafa Nadal e Roger Federer

Le rivalità sportive fuori e dentro il campo

E poi, pensando alle rivalità storiche dello sport, bisogna senza dubbio dividerle, fra le tante possibilità di caratterizzazione, in almeno due grandi categorie: quelle serene, contraddistinte da un rapporto se non di amicizia, comunque almeno di lontana simpatia con il proprio avversario; e quelle invece di battaglia totale, in cui i protagonisti tendevano a detestarsi.

Un antagonismo in cui i due sportivi non si sopportavano, e che per chi scrive è forse il più straordinario di sempre, è senza dubbio quello che negli anni Settanta misero in scena due dei pugili più forti di sempre: Muhammad Ali e Joe Frazier.

I due non si potevano proprio vedere, né dentro né fuori dal ring, e la storia della loro rivalità assume ancora oggi dei contorni di epica clamorosi. Sono tre gli incontri epici che ancora oggi contraddistinguono una delle più grandi rivalità nella storia dello sport, con New York, il primo, che resterà per sempre nella memoria degli appassionati

La battaglia, che poi verrà ricordata come “il match del secolo”, si tenne l’8 marzo 1971 al Madison Square Garden di New York e lasciò incollati agli schermi di tutto il pianeta quasi 300 milioni di persone, oltre alle ventimila che vi assistettero dal vivo. Ali vs Frazier non era semplicemente una sfida di boxe, ma una battaglia fra due maniera completamente diverse di intendere il mondo.

Da una parte c’era Ali, pacifista, orgogliosamente nero, politicamente impegnato, appena rientrato sul ring dopo tre anni di sospensione comminatigli per aver rifiutato di andare a combattere in Vietnam. Dall’altra Frazier, un figlio del popolo che non aveva mai preso posizione su nulla, e che nella sua vita aveva solo pensato a lavorare duro, come gli aveva insegnato il contesto nel quale era cresciuto: le piantagioni di cotone della Carolina del Sud.

Ali lo chiamava “lo zio Tom”, come dire che Frazier si piegava in silenzio al sistema dei bianchi. Frazier si ribellava sul ring, come fece quell’8 marzo del 1971, quando dopo quindici riprese di una ferocia tecnica e fisica mai vista, all’ultimo round, con un gancio sinistro mostruoso Joe spedì Muhammad Ali al tappeto, facendo scoprire al mondo scoprì che anche “The Greatest”, il più grande, poteva cadere.

Cavalleria, rispetto, determinazione

La rivalità sportiva femminile iconica per eccellenza, invece, è, a parere di chi scrive, quella che negli anni Ottanta regalarono le tenniste Chris Evert e Martina Navratilova. Anche in questo caso, due sportive che rappresentavano due mondi completamente opposti.

Conservatrice, bianca, ordinata, l’americana. Lesbica dichiarata, esule politica e icona femminista, la ceca. Anche lo stile in campo era molto diverso. Evert era la regina della compostezza. Fredda, precisa, disciplinata, regolare. Martina Navratilova invece sembrava la sua nemesi totale, portando in campo un gioco fatto di strappi, energia, serve and volley e attacco.

In carriera si sfidarono per 80 volte: 43 vittorie Navratilova, 37 Evert, con una striscia vincente per la ceca, poi naturalizzata statunitense, di tredici vittorie consecutive in finale fra il 1982 e il 1987. Il loro antagonismo, che ha ridisegnato in qualche modo la storia dello sport femminile, si è poi tramutato, dopo il ritiro, in rispetto e amicizia.

In un pezzo nel quale si parla di grandi rivalità sportive non può poi certo mancare la mitica battaglia sportiva fra Fausto Coppi e Gino Bartali, ciclisti che rappresentavano, nell’Italia del Dopoguerra, due paesi completamente diversi. Bartali, il credente, simbolo di sacrificio e tradizione; Coppi, il modernista, il talento che rompeva schemi e conformismo.

E poi, ancora, come non citare la breve, ma intensissima rivalità esplosa nel 1976 fra Niki Lauda e James Hunt, anche in questo una contrapposizione straordinaria di caratteri: freddezza contro istinto, riservatezza contro sregolatezza. Lauda dimostrerà di essere un pilota molto più valido, ma Hunt gli terrà testa per sempre nell’idea “rock & roll” della Formula 1.

Storica e tragica invece resta la rivalità fra le pattinatrici artistiche su ghiaccio statunitensi Nancy Kerrigan e Tonya Harding. Elegante, sobria, amata da tutti la Kerrigan. Ribelle, figlia della working class la Harding, che fu anche la prima atleta nella storia della disciplina a eseguire un triplo axel in gara.

Successe che nel 1994, pochi mesi prima dei Giochi Olimpici di Lillehammer, in Norvegia, un uomo assoldato dal marito di Tonya Harding aggredì la Kerrigan a colpi di bastone. L’obiettivo dell’aggressione era impedire a Nancy Kerrigan di partecipare ai Campionati nazionali USA del 1994, che fungevano da selezione per le Olimpiadi.

L’aggressione avvenne il 6 gennaio 1994, poco dopo un allenamento di Kerrigan, con un colpo di manganello al ginocchio destro. Kerrigan, alla fine a Lillehammer riuscì comunque ad andarci, conquistando peraltro una medaglia d’argento, mentre Harding, che nello scandalo generale venne comunque ammessa alla competizione, finì ottava, prima di essere squalificata a vita.

Mauro Mondello: redattore di sitiscommesse.com
Mauro Mondello

Le analisi sportive di Mauro Mondello sono plasmate da un’esperienza giornalistica di livello internazionale (The Guardian, La Repubblica, L’Ultimo Uomo) e dal prestigio di un passato come Yale World Fellow. Porta questa prospettiva unica nel suo ruolo di voce autorevole di Talkbet&Risposta e offre pezzi di approfondimento che coniugano dati, storie e spessore.

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