Le prime volte azzurre: da Sinner a Wimbledon a Jacops alle Olimpiadi
Jannik ha sfatato l’incantesimo dell’erba londinese, con un successo che, per portata mediatica e sportiva, fa il pari con la vittoria ai 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Ecco una carrellata di successi sportivi italiani inattesi.
Successi italiani sportivi, dall’atletica allo sci
Scrivere un pezzo di storia dello sport italiano. Non è semplicissimo, ma Jannik Sinner ci ha dimostrato lo scorso 13 luglio come si fa, conquistando quello che è forse considerato il torneo più prestigioso nel mondo del tennis: nessun italiano prima di lui era riuscito a trionfare sui prati di Church Road.
La sua vittoria ci ha fatto tornare in mente tante imprese dello sport italiano che sono riuscite a infrangere tabù a lungo considerati impossibili da superare. Per esempio, la vittoria di Sinner ha creato una specie di connessione, per la magia, per la grandezza, con il successo di Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo 2021, un’altra “prima volta” azzurra semplicemente incredibile.
Jacobs, ormai cinque anni fa, fece esplodere la gioia di milioni di appassionati aggiudicandosi una vittoria che, storicamente, era sempre stata ostica per gli atleti del Vecchio Continente. E invece il velocista bresciano è diventato non soltanto il primo italiano della storia a trionfare nei 100 metri piani alle Olimpiadi, ma anche il primo europeo dal 1992, quando ci riuscì l’inglese Linford Christie.
Tornando al tennis, una prima volta impossibile da dimenticare fu quella di Francesca Schiavone nel 2010, quando conquistò il Roland Garros, diventando la prima italiana a disputare una finale di un torneo dello Slam e, nello stesso momento, anche a vincerlo.
Schiavone, d’altronde, ancora oggi è l’unica tennista italiana ad aver raggiunto i quarti almeno una volta in tutti i tornei dello Slam: insomma, la sua prima volta è ben giustificata dal fatto di essere, nei numeri e probabilmente anche nella tecnica, la più forte tennista italiana di sempre.
Più forte, forse, anche di Flavia Pennetta, che nel 2015 ci regalò una “prima volta” agli US Open, vincendo il torneo in finale contro la collega Roberta Vinci: un inedito assoluto quello di due italiane che si giocano un torneo dello Slam nella partita conclusiva della competizione.
Per chi scrive, una “prima volta” oggi un po’ dimenticata, ma che merita assolutamente di essere ricordata, porta il nome di quello che al tempo era un ragazzo bolognese guascone e incontenibile dentro e fuori le piste da sci: Alberto Tomba.
Nel febbraio del 1988, sulle piste canadesi di Calgary, Tomba cambiò per sempre la storia del’Italia dello sci alpino. Fino ad allora la nazionale italiana di sci aveva una tradizione sì rispettabile tra i pali dello slalom e del gigante, ma mai in grado di esprimere un vero talento generazionale.
Poi, però, arriva Alberto Tomba, bolognese di Castel de’ Britti, un talento fuori dagli schemi, carismatico, tecnicamente travolgente, fisicamente strabordante, un ciclone che si abbatte sul mondo dello sci e che si impone anche fra i tifosi fuori dall’Italia.
Quel ragazzo, ai giochi olimpici invernali di Calgary 1988, centra una doppietta che nessun italiano aveva mai firmato nello sci alpino: oro nello slalom gigante il 25 febbraio, oro nello slalom speciale due giorni dopo. Prima di lui, nessuno sciatore azzurro aveva conquistato due ori olimpici nella stessa edizione.
Quella vittoria, peraltro, avrebbe assunto una dimensione extrasportiva enorme, rivoluzionando lo sport invernale italiano, portando visibilità, sponsor e passione di massa verso le piste, e rendendo Tomba il simbolo di un’Italia vincente anche sulla neve.
Imprese azzurre: Greg, Kristian, Federica e Gelindo
Nel nuoto abbiamo avuto numerose prime volte, ma sono due quelle che senza ombra di dubbio meritano di essere menzionate. Innanzitutto, c’è quella di Gregorio Paltrinieri, che nel 2013, ai Mondiali di Barcelona, portò a casa una medaglia d’oro nei 1500 metri stile libero, una distanza nella quale mai il nostro movimento, sempre di alto livello, aveva ben figurato.
E poi, chiaramente, c’è la divina Federica Pellegrini. La sua è una carriera costellata di imprese impossibili, di gare straordinarie, di recuperi miracolosi, ma l’impresa che brillerà per sempre nell’olimpo dello sport italiano resta la medaglia d’oro conquista a vent’anni, ai giochi olimpici di Pechino 2008, nei 200 metri stile libero: nessuna donna italiana aveva mai conquistato un titolo olimpico nel nuoto.
Restando in tema olimpico e di imprese completamente fuori dagli schemi, la mente corre a una mattina di inizio ottobre, 2 ottobre per essere precisi, nella città sudcoreana di Seul, Il sole è ancora basso sull’orizzonte e c’è un ragazzo vicentino di 29 anni che, ancora non lo sa, ma sta per compiere un’impresa.
Il suo nome è Gelindo Bordin, ha il volto scavato da anni di allenamenti e chilometri macinati e sta correndo con inesorabile intelligenza. Resta dietro i più forti, tenendo d’occhio i favoriti e poi, quando uno dopo l’altro davanti mollano, lui prende il comando, entra nello stadio olimpico da leader e taglia il traguardo della maratona in 2 ore, 10 minuti e 32 secondi: è il primo oro olimpico italiano nella maratona, un risultato che riscrive la storia dell’atletica nazionale e mondiale, per sempre.
Un ultimissimo passaggio, in questa carrellata che potrebbe facilmente diventare un’enciclopedia delle prime volte dello sport italiano, vale la pena inserire un’ultima istantanea. Ritrae un giocatore di basket nato nel 1986 a San Giovanni in Persiceto che alza un trofeo in un palazzetto dello sport statunitense, l’AT&T Center di San Antonio, in Texas.
Quel ragazzo si chiama Marco Belinelli e il trofeo che sta alzando è il Larry O’Brien Trophy, la coppa destinata alla squadra che riesce a vincere il campionato NBA di basket. Pokerface, come venne soprannominato dai compagni, diventa il primo (e sinora l’unico) italiano a vincere l’anello di campione NBA, un risultato che sdogana, per sempre i cestiti del nostro paese nella pallacanestro d’elite.