Disordini e violenze: cosa sta succedendo al calcio europeo?

I disordini negli stadi greci e il presidente di una squadra di Super Lig turca che picchia l’arbitro, impongono una riflessione al mondo del calcio: si rischia un passo indietro di 40 anni.

Il calcio torna violento: che succede in Turchia

Stadio di calcio

Quando lo sport smette di essere intrattenimento

La violenza è qualcosa che lascia basiti, soprattutto quando arriva da persone che ricoprono cariche importanti in determinati settori. Il caso di Faruk Koca, presidente dell’Ankaragucu – club della Super Lig turca – che pochi giorni fa ha picchiato l’arbitro Halil Umut Meler, mandandolo in ospedale, ha fatto il giro del mondo, oltre a provocare immediate reazioni anche in patria.

Imprenditore impegnato in politica (fu tra i fondatori del partito AKP, il principale partito turco che è anche quello del premier Erdoğan) e con la passione per lo sport, Koca aveva qualche precedente, ma quanto accaduto al termine di Ankaragucu-Rizespor è qualcosa di inaudito. Dopo il pareggio degli ospiti, Koca si è fiondato sull’arbitro colpendolo con un pugno. Ne è seguito un parapiglia con sospensione della partita.

In un primo momento, la federazione turca ha sospeso tutte le partite del campionato. Negli ultimi giorni sono arrivate le sanzioni: squalifica a vita per Koca e 5 giornate a porte chiuse per la squadra. Contestualmente, Koca si è anche dimesso dalla sua carica. Ora per lui ci saranno anche da fronteggiare le conseguenze penali, poiché era stato arrestato e dunque verrà processato.

Anche in Grecia è allarme per sport e violenza

Se il caso turco ha scosso il mondo, in Grecia la situazione non è certo delle più rosee. Negli ultimi anni si erano verificati diversi episodi di violenza teppistica collegata alle tifoserie sportive, ma qualche settimana fa si è toccato il fondo con un poliziotto di 31 anni rimasto gravemente ferito, durante gli scontri fra tifosi in un match di pallavolo tra Olympiakos e Panathinaikos.

Il governo di Atene ha subito annunciato una stretta, con tutti gli incontri di calcio che saranno disputati a porte chiuse fino a febbraio, in attesa di altri provvedimenti. In Grecia il problema non riguarda solo il calcio o lo sport. Certe rivalità ci sono sempre state, ma da diversi anni, spesso, la rivalità politica si maschera da rivalità sportiva.

Quello ellenico è dunque principalmente un problema interno alla propria società, che non ha mai superato la crisi iniziata nel 2009 e che ha fatto registrare un progressivo impoverimento della popolazione, con conseguente inasprimento dello scontro sociale. Lo sport dovrebbe rimanerne fuori, certo, ma in paesi in cui esso è vissuto in maniera viscerale come quelli balcanici, le derive sono purtroppo da mettere in conto.

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